Founded Year

2018

Stage

Incubator/Accelerator | Alive

Total Raised

$542.9M

Revenue

$0000 

Mosaic Score
The Mosaic Score is an algorithm that measures the overall financial health and market potential of private companies.

+25 points in the past 30 days

About Voi

Voi operates as a micromobility company that provides electric scooters and e-bikes for hire. The company offers rentals with various pricing options including monthly subscriptions, day passes, and pay-as-you-go rides. Voi serves urban dwellers who seek transportation options. It was founded in 2018 and is based in Stockholm, Sweden.

Headquarters Location

Sveavägen 25

Stockholm, 111 34,

Sweden

+46 761178713

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Expert Collections containing Voi

Expert Collections are analyst-curated lists that highlight the companies you need to know in the most important technology spaces.

Voi is included in 5 Expert Collections, including Unicorns- Billion Dollar Startups.

U

Unicorns- Billion Dollar Startups

1,276 items

S

Smart Cities

2,139 items

B

Bike & Scooter Tech

544 items

We define bike and scooter technology startups as companies working on shared vehicle networks, vehicle design, and charging infrastructure for bicycles, scooters, mopeds, and other compact vehicles for one to two passengers.

A

Auto Tech

1,790 items

Companies developing battery electric vehicles (BEVs) and fuel cell vehicles (FCEVs) as well as companies working on improvements to battery design, building out charging infrastructure, and launching EV sharing services to help accelerate adoption.

M

Mobility-as-a-Service

615 items

Companies developing solutions to streamline the way people move themselves. Includes companies providing on-demand access to passenger vehicles and micromobility solutions as well as companies integrating multiple modes of transport, including public transit, into one service.

Latest Voi News

Mettere l'AI Act in pausa, chi sono tutti quelli che lo vogliono (spoiler: non solo le big tech)

Jul 3, 2025

Startupper e investori europei dei paesi nordici chiedono una moratoria. La Commissione finisce sotto il fuoco incrociato delle big tech e delle imprese locali. Che cosa farà adesso? Un data centerJason Alden/Bloomberg via Getty Images Fare l’identikit di chi chiedeva di mettere l’AI Act in pausa finora era stato abbastanza facile. Big, tech e US. E potevi avere una ragionevole sicurezza di non sbagliare. Si sapeva, tuttavia, che a eccepire dubbi sulla messa a terra del regolamento comunitario sull’intelligenza fossero anche voci interne. Europee. E quelle voci oggi iniziano ad avere nomi e cognomi. Almeno trenta tra imprenditori, startupper e investitori che operano nel Vecchio continente hanno scritto una lettera per chiedere alla Commissione europea di “mettere in pausa” l’iter di entrata in vigore dei vari pezzi dell’AI Act. La tesi è: fermare l'orologio, prima che diventi una bomba a orologeria. “Procedere con l’implementazione senza chiarezza - scrivono i 33 firmatari della lettera aperta, pubblicata in anteprima dal sito Sifted - può lasciare le aziende bloccate tra interpretazioni conflittuali, compromettendo l’innovazione e scoraggiando gli investimenti. Se l’Europa si limita a proclamare la leadership nell’AI, senza però garantire un ambiente stabile e prevedibile, le sue industrie — in particolare quelle basate su applicazioni AI — rischiano di trasferirsi in giurisdizioni più agili”. Attenzione alle date Sono osservazioni già presentate per vie ufficiose all'AI Office, l'ufficio della Commissione europea responsabile per l'applicazione del regolamento, ma che i 33 firmatari hanno deciso di rendere pubbliche per metterle le autorità comunitarie alle strette. Il tempismo non è casuale. Nel pomeriggio di giovedì 3 luglio, come Wired apprende da fonti alla partita, verrà presentato il testo finale del codice delle buone pratica per i modelli di intelligenza artificiale per uso generale (GPAI), che deve entrare in vigore ad agosto. Obiettivo: fornire una serie di linee guida fino all'adozione degli standard (agosto 2027). Siccome è un documento senza valore legale , ma che può servire sia come allineamento preventivo ai principi del regolamento, sia come come “prova di conformità” in caso di contestazioni, la forza del codice sta nel numero di aziende che lo sottoscrivono. E la minaccia, ora, è che a sottrarsi non siano solo le big tech statunitensi spalleggiate dall'amministrazione Trump, che sta usando l'esenzione dalle regole europee come merce di scambio al tavolo negoziale dei dazi, ma anche le stesse imprese europee. C'è un altro dettaglio che spiega la tempistica con cui è stato pubblicato il cahiers des doléances. Il primo luglio la Danimarca ha avviato il suo semestre di presidenza del Consiglio dell'Unione europea. E ha intenzione di dire la sua sull'applicazione del regolamento sull'intelligenza artificiale, facendosi portavoce delle istanze dei paesi nordici. Non a caso, la lettera per una pausa dell'AI Act richiama “l’esempio della Svezia, il cui primo ministro, Ulf Kristersson, ha già richiesto una pausa in tal senso”. Tra gli stessi 33 firmatari dell'appello, 13 rappresentano aziende con sede nei Nordics. I fronti della battaglia sull'AI Act Per Bruxelles si apre un secondo fronte della battaglia per il futuro dell'AI Act. Il primo, come noto, è quello degli Stati Uniti. I colossi tecnologici americani hanno gettato la maschera, da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca. E siccome le prime applicazioni del regolamento mettono nel mirino i cosiddetti GPAI, ossia i modelli che sono in grado di svolgere compiti diversi (come creare un testo o un'immagine) e che sono stati allenati attraverso un'enorme mole di dati non categorizzati, è chiaro che GPT-4 di OpenAI, Gemini di Google, LaMDA in casa Meta si sentano chiamati in causa. Ora occorre gestire il dissenso di startup e fondi di investimento europeo. Tra i firmatari della lettera vi sono Tomas Okmanas, cofondatore di Nord Security (la società lituana del servizio di virtual private network NordVPN, etichettata come unicorno dopo una valutazione di 1,6 miliardi di euro) e di Nexos.ai, una piattaforma che aiuta le imprese a mettere in produzione i propri progetti di AI, e Fredrik Hjelm, ad di Voi, startup di micromobilità per la prenotazione di monopattini. Così come i leader di società con decenni di esperienza alle spalle, come Harold Goddijn e Corinne Vigreux, i fondatori di TomTom (sì, quella dei navigatori). O una sfilza di rappresentanti dei fondi di investimenti. E ancora Steffen Tjerrild, tra i cofondatori di Synthesia, startup inglese di sistemi di AI per la produzione video considerata una delle più importanti nel settore a livello continentale. “Synthesia è grande abbastanza per avere a che fare con l'AI Office - spiega a Wired Alexandru Voica, responsabile per gli affari istituzionali della startup - ma una startup nata uno, due anni fa, che non abbia uno specialista di politiche o un legale internamente, fa fatica. Erano state promesse flessibilità e linee guida semplici per le startup europee, che non si sono viste nelle bozze. Come fa una società ad adeguarsi in mancanza di chiarezza? Questo rischia di rallentare la capacità europea di competere con Cina e Stati Uniti”. Per Voica, se alcune startup si fanno sentire adesso e non prima, mentre l'AI Act era in discussione, “è perché sono nate dopo, allora non esistevano”. In parallelo alla lettera, voci a favore di mettere l'AI Act in pausa si levano anche da altri contesti. Su LinkedIn Lorenzo Luce, ad di Bigprofiles.ai, società italiana di data science, ha diffuso un suo video di intervento alla Camera dei deputati del 2 luglio, in cui denuncia che “c'è molta incertezza e molta paura sanzionatoria”. E secondo lui il rischio è di regolare una materia troppo mutevole, come “l'agentic AI, che prima del provvedimento non esisteva”. La questione degli standard tecnici Il problema è in particolare l'applicazione delle regole ai sistemi di AI considerati dal regolamento europeo ad alto rischio. Quelli che nel semaforo dell'AI Act hanno luce arancione: possono essere commercializzati nel mercato europeo, purché soggetti a controlli stringenti. Sono elencati nell'allegato 3 e riguardano sistemi di identificazione e categorizzazione biometrica o per il riconoscimento delle emozioni; applicativi di sicurezza di infrastrutture critiche; software educativi o di formazione, per valutare i risultati di studio, per assegnare corsi o per controllare gli studenti durante gli esami. E poi vi sono gli algoritmi usati sul lavoro, per valutare curriculum o distribuire compiti e impieghi; quelli adoperati dalla pubblica amministrazione o da enti privati per distribuire sussidi, per classificare richieste di emergenza, per smascherare frodi finanziarie o per stabilire il grado di rischio quando si sottoscrive un'assicurazione. Ricadono in questa categoria gli algoritmi usati dalle forze dell'ordine, dalla giustizia e dalle autorità di frontiera per valutare rischi e scoprire flussi di immigrazione illegale. Chi li sviluppa, però, oggi non ha ancora chiarezza a quali test di conformità dovrà sottoporsi. E siccome gli standard tecnici sono materia complessa, gli enti preposti alla redazione, il Comitato europeo per la standardizzazione (Cen) e il Comitato europeo per gli standard elettrotecnici (Cenelec), che a loro volta raggruppano 34 enti locali, hanno messo le mani avanti. E detto che potrebbero non essere pronti prima del 2026. Con il rischio di sforare la scadenza di agosto dell'anno prossimo, quando dovrebbero entrare in vigore. E chi ha progetti in questi settori, che fa? “Ci sono diversi standard nella prima fase di elaborazione”, racconta a Wired Mimmo Squillace, presidente di Uninfo, uno degli enti nazionali di normazione che sta contribuendo alla scrittura degli standard dell'AI Act. E spiega che si è aperta la raccolta dei commenti (pochi quelli arrivati allo standard sulla cybersicurezza), che dovranno poi confluire nei testi finali da votare per consenso (tra 34 paesi, i 27 dell'Unione più altri dello spazio economico europeo come Regno Unito e Svizzera) e infine alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, all'entrata in vigore e all'adozione da parte delle autorità nazionali di controlli. Un anno vola, a ben vedere. “Il sistema della normazione tecnica è basato sul consenso - aggiunge Squillace - ed è facile trovarlo su temi tecnici. Ma con l'AI Act ci troviamo davanti qualcosa di immateriale, come i diritti fondamentali, necessari per la conformità ma più complessi da inquadrare”. Sono 10 i requisiti fondamentali su cui lavorare. E il più complesso, per l'esperto, è quello sull'affidabilità. Braccio di ferro sui diritti Se riuscisse il miracolo di chiudere l'accordo in tempo e pubblicare i requisiti in Gazzetta ufficiale per centrare la scadenza di agosto 2026, alla tabella di marcia attuale, significa che tra dodici mesi chi immette sistemi di AI ad alto rischio nel mercato europeo lo farà con la “presunzione di conformità” agli standard tecnici. Ma se la norma fosse pronta e non pubblicata o fosse ancora in bozza, è il produttore che deve farsi carico della dimostrazione di conformità. Un elemento che potrebbe indurre a rallentare il rilascio di modelli e prodotti, specie per chi non ha grandi team legali alle spalle per difendersi da contestazioni e cause. Pausa per l'AI Act, quindi? Se anche Bruxelles fosse disponibile a concedere più tempo per alcuni adeguamenti o ripensare alcuni schemi di applicazione, non è detto che questo basti a spegnere gli incendi. La battaglia è politica. C'è sempre il mondo delle organizzazioni non governative per i diritti digitali che contesta alla Commissione una certa ambiguità nel blocco dei sistemi di AI considerati inaccettabili. Tra cui l'identificazione biometrica . Che però è ammessa se la “finalità è confermare che una determinata persona fisica è la persona che dice di essere”. Una definizione che tuttavia lascia aperti molti spazi all'uso della sorveglianza digitale da parte degli Stati, dato che l'articolo 5 sui divieti recita: “Uno Stato membro può decidere di prevedere la possibilità di autorizzare in tutto o in parte l'uso di sistemi di identificazione biometrica remota «in tempo reale» in spazi accessibili al pubblico a fini di attività di contrasto”. Solo qualche settimana fa, il governo ungherese ha minacciato l'uso del riconoscimento facciale contro i partecipanti al Pride di Budapest. A The Big Interview, l'evento di Wired all'università Bocconi di Milano che si è svolto il 26 giugno, Marietje Schaake, ex parlamentare olandese, punto di riferimento quando si parla di governance delle tecnologie e non-resident fellow presso lo Standford University’s Cyber Policy Center e l’Institute for Human-Centered Artificial Intelligence, ha detto: "Fino a cinque anni fa a Bruxelles tutti erano fiduciosi che la regolamentazione fosse necessaria. Adesso se ne parla come di una barriera all’innovazione: l’errore secondo me è pensare che il divario tra Unione europea e Stati Uniti, negli ultimi vent’anni, sia dovuto proprio a questo. In realtà dobbiamo far sì che gli Stati membri cooperino di più, favorire investimenti europei per evitare di dover dipendere dalla Silicon Valley, e che i politici pensino al presente. A fare le scelte giuste ora”. E se metteranno in pausa l'AI Act per cui tanto hanno combattuto, i politici europei dovranno dimostrare perché è la scelta giusta ora. Il testo completo della lettera Europe Must Hit Pause on the AI Act The EU’s AI Act risks creating a fragmented, unpredictable regulatory environment that will undermine innovation, discourage investment, and ultimately leave Europe behind in the global AI race. We, the signatories, call for a “stop the clock” approach and strongly urge EU member states to follow the example of Sweden whose Prime Minister, Ulf Kristersson, has called for such a pause. In a world racing toward the next technological frontier, a call to pause the implementation of the rushed regulation that is the EU’s AI Act is not just prudent - it’s essential. This is not mere bureaucratic quibbling. Implementation without clarity can leave companies stranded between conflicting interpretations, undermining innovation and deterring investment. If Europe pays lip service to AI leadership but fails to deliver a stable, predictable environment, its industries, particularly AI-powered applications, may decamp to more agile jurisdictions. This concern is no longer theoretical. With just weeks left before parts of the AI Act are set to take effect, one of its most critical elements - the Code of Practice on General-Purpose AI Models - remains incomplete and mired in delays. The fact that such a foundational piece of the framework is still being debated just shows how careless it would be to move ahead right now. Companies cannot comply with rules that don’t yet exist in workable form. Industry has been clear about their concerns. Major European companies are raising red flags about regulatory uncertainty, while competitors in the US, UK, and Asia operate under clearer frameworks. With the Code of Practice still unfinished, Europe will create the exact fragmented environment that drives AI innovation elsewhere. The consequences of rushing ahead are irreversible. As PM Kristersson warned, continuing rollout under current conditions “could lead to Europe falling behind technologically or specific applications not being available on the European market”. A well-calibrated pause does not equate to delay for delay’s sake. It’s about delivering a workable implementation plan—not a rushed ticking time bomb—that reinforces Europe’s credibility and competitiveness on the global stage. This is a pivotal moment for Member States, particularly through the AI Board, to assert their role and insist that quality and clarity must come before speed. As signatories to this statement, we urge all EU member states to join Sweden in pressing pause on the implementation of the AI Act until a coherent and technically grounded framework is in place. Europe's technological future depends on getting this right. Signatories Fredrik Hjelm, Co-founder & CEO, Voi Anton Osika, Co-founder, Lovable Steffen Tjerrild, COO & Co-founder, Synthesia Tomas Okmanas, Co-founder of Nord Security (NordVPN) and nexos.ai Alex Bouaziz, Co-founder & CEO, Deel Yuri Frayman, Founder & CEO, Cast AI Joel Hellermark, Founder & CEO, Sana Max Junestrand, Co-founder & CEO, Legora Erik Andersson, Founder & CEO, Teamtailor Oscar Höglund, Co-founder & CEO, Epidemic Sound Karl Rosander, Founder & CEO, Nordic Air Defense Konrad Bergström, Founder, XShore Juraj Masar, Co-founder & CEO, Better Stack Elias Schneider, Co-founder & CEO, Codesphere Sonali De Rycker, Partner, Accel Harry Stebbings, Founder, 20VC Fredrik Cassel, General Partner, Creandum Robert Lacher, Founding Partner, Visionaries Club Judith Dada, General Partner, Visionaries Club John Diklev, Founder & CEO, Flower Filip Dames, Founding Partner, Cherry Ventures Christian Meermann, Founding Partner, Cherry Ventures Corinne Vigreux, Co-Founder & CMO TomTom Harold Goddijn, Co-Founder & CEO TomTom Hjalmar Ståhlberg Nordegren, CEO & Founder, Karma Ash Edwards, Co-Founder & CEO, Fern Labs Sandra Malmberg, Partner, EQT Ventures Executive Committee, Partech Dom Hallas, Startup Coalition Noah Löfquist, CEO, Tzafon

Voi Frequently Asked Questions (FAQ)

  • When was Voi founded?

    Voi was founded in 2018.

  • Where is Voi's headquarters?

    Voi's headquarters is located at Sveavägen 25, Stockholm.

  • What is Voi's latest funding round?

    Voi's latest funding round is Incubator/Accelerator.

  • How much did Voi raise?

    Voi raised a total of $542.9M.

  • Who are the investors of Voi?

    Investors of Voi include Leading European Tech Scaleups, Vostok New Ventures, The Raine Group, Balderton Capital, Creandum and 46 more.

  • Who are Voi's competitors?

    Competitors of Voi include Bolt, Pony, Wheels, Cityscoot, Tier and 7 more.

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Compare Voi to Competitors

Lime Logo
Lime

Lime provides shared electric vehicle services within the transportation sector. It offers electric bikes and scooters for urban mobility, focusing on shared transportation solutions. The company serves the micro-mobility industry, facilitating transportation options in cities worldwide. It was founded in 2017 and is based in San Francisco, California.

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Bird

Bird focuses on micro-electric mobility solutions within the transportation sector. It provides electric bikes and scooters designed for urban transportation options. Its services address the micromobility needs of cities and their residents. It was founded in 2017 and is based in Miami, Florida.

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dott

dott is a shared micromobility operator that focuses on providing transportation solutions. The company offers rides to facilitate green travel in urban environments. Dott primarily serves the urban transportation sector, aiming to reduce congestion and pollution in cities. It was founded in 2018 and is based in Amsterdam, Netherlands.

S
Skip Scooters

Skip Scooters operates in the micromobility sector and offers a micromobility network that includes vehicles, a fleet management system, and operational services focused on safety and vehicle recharging. The company serves urban areas. Skip Scooters was formerly known as Waybots. It was founded in 2017 and is based in San Francisco, California.

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Bond

Bond is a company that provides an e-bike sharing service. It offers e-bikes aimed at replacing car trips and complementing public transit systems. The company serves both private customers and B2B partners with its services, including software and hardware platforms. Bond was formerly known as Smide. It was founded in 2017 and is based in Zurich, Switzerland.

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Econduce

Econduce focuses on sustainable urban mobility solutions within the transportation sector. The company offers a service that provides access to electric scooters through a mobile application, enabling users to navigate city environments efficiently. Econduce primarily serves individuals in urban areas seeking alternative transportation methods. It was founded in 2013 and is based in Mexico City, Mexico.

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